La chiesa di San Silvestro costituisce, insieme alla basilica di Collemaggio, uno degli esempi storicamente e architettonicamente più importanti della città, sia per le sue dimensioni sia per la presenza di un apparato pittorico di grande pregio.
Secondo la maggior parte degli studiosi, l’edificio – nel suo aspetto attuale – risale al XIII sec. e sorge su una scalinata che domina l’omonima piazza all’interno del quarto di Santa Maria. Dedicata a San Silvestro e Biagio di Collebricioni, uno dei castelli limitrofi che partecipò alla fondazione della città dell’Aquila nel Duecento, l’edificio ha subito nel tempo numerose trasformazioni nel suo impianto, dovute anche alle ricostruzioni successive ai terremoti del 1315 e del 1349, del 1461 e del 1703. Il momento di grande splendore della Chiesa coincide con l’ascesa sociale della famiglia Branconio che la valorizzò con opere dei pittori Francesco da Montereale, Raffaello Sanzio e Giulio Cesare Bedeschini.
La facciata si presenta di forma quadrata, suddivisa in due ordini da una sottile cornice marcapiano che mitiga la tensione verticale generata, oltre che dalla scalinata, dalla presenza della torre campanaria alla destra del prospetto. Quest’ultima è risalente alla seconda metà del XIX secolo ed era originariamente caratterizzata da una terminazione a cuspide. L’ordine inferiore è caratterizzato da un portale rettangolare incassato in una vasta e ricca arcata a tutto sesto, resa ancora più plasticamente rilevante dall’utilizzo alternato delle fasce lapidee di colore bianco e rosso. Il portale ligneo del 1539, opera di mastro Bartolomeo da Bergamo, è sormontato da una lunetta che ospita un bassorilievo raffigurante l’Agnus Dei. Sempre sulla facciata è presente un grande rosone realizzato nel Trecento in stile romanico con influenze gotiche, mentre il perno è presumibilmente un rifacimento datato al XVI secolo.
Il fianco occidentale più irregolare è caratterizzato da tre strette finestrelle, mentre quello orientale ospita il portale laterale e due grandi bifore ad arcate ogivali.
La chiesa presenta un impianto di tipo basilicale – tra i primi realizzati a L’Aquila – ad aula unica, suddivisa in tre navate scandite da due file di sette arcate ogivali su pilastri cilindrici.
L’altezza delle arcate genera verticalità e dona allo spazio religioso un’unitarietà simile a quella prodotta dalle basiliche paleocristiane; quest’effetto, in origine, doveva essere reso ancor più evidente dalla presenza del ciclo di affreschi lungo tutte le murature interne, di cui oggi rimangono solo alcuni pregevoli resti, localizzati soprattutto nell’area presbiteriale.
Come la maggior parte delle Chiese in città, subì notevoli variazioni a seguito del terremoto del 1703 assumendo un aspetto barocco. I lavori furono affidati a note maestranze lombarde, dirette dal mastro Giovanni Battista Rossi; tali interventi andranno perduti nel 1967, durante la campagna di restauro che il soprintendente Moretti intraprese in città finalizzata al ripristino della sua facies medievale.
Avanzamento
CIPE
Proprietà
Arcidiocesi dell’Aquila
Fonte e importo del finanziamento
CIPE 135/2021 – € 6.700.000,00
Livello di danno
medio-alto
Stato di attuazione
concluso
Inaugurazione
7 luglio 2019 – cerimonia di riconsacrazione
Descrizione dell’intervento
I lavori hanno riguardato in primo luogo il consolidamento della facciata, con interventi localizzati in diverse zone. Si è operato lo smontaggio dei conci lungo le lesioni più gravi e nelle aree di rigonfiamento. Successivamente sono stati eseguiti il ripristino della continuità delle murature, con interventi di cuci e scuci nello spessore murario, ed iniezioni di malta per l’intasamento di piccole cavità e microlesioni. La dimensione non comune della facciata a terminazione piana comportava la presenza di una vela libera e priva di contrafforti, che durante la scossa del 2009 si è mossa fuori dal piano con la creazione di una cerniera sulla base della facciata.
Per tale motivo, dopo un attento studio interdisciplinare, si è arrivati alla conclusione di inserire un contrafforte murario in corrispondenza della navata sinistra poiché più esposta all’azione sismica rispetto a quella destra che risulta appoggiata alla torre campanaria.
Sul rosone si è provveduto al ricollocamento degli elementi in precedenza smontati ripristinando la continuità con gli allineamenti dei ricorsi e la connessione dei vari conci di facciata al nucleo murario retrostante.
Ulteriori interventi di consolidamento hanno riguardato quasi tutti gli elementi del rosone, a cui si aggiunge il ricollocamento dei vari frammenti espulsi, il consolidamento delle colonnine e dei capitelli della raggiera, e l’esecuzione di varie reintegrazioni su alcuni archetti contrapposti e negli elementi trilobati all’interno di essi. Vari interventi di reintegro sono stati eseguiti per la mitigazione di lacune.
Il consolidamento degli apparati interni è stato strettamente connesso con quello degli apparecchi murari esterni, scegliendo la filosofia di interventi minimamente invasivi. Sono state infatti preferite operazioni di consolidamento localizzato con fori eseguiti all’esterno in corrispondenza dei giunti, evitando di bagnare la superficie per scongiurare la migrazione dei sali sugli affreschi interni.
Per le colonne interne si è proceduto rinforzando il punto critico del giunto di base delle colonne, senza modificarne l’aspetto esterno e lo schema statico, inserendo poi un piatto metallico a corona circolare con la funzione di cerchiare la colonna.
Sono state realizzati nuovi cordoli di muratura armata alla sommità di tutte le pareti con tirante all’interno annegato nel getto e senza tirante, a seconda delle necessità.
L’abside centrale è stata dotata di una nuova copertura con due capriate e con travi semplici disposte a raggiera.
Per le parti decorative della cappella Branconio, del catino absidale e dell’arco trionfale si è proceduto primariamente a bloccare fenomeni di degrado in atto, al recupero dei frammenti caduti, al recupero degli intonaci originali attraverso il descialbo ed infine al ritocco pittorico.
Il restauro dell’imponente ciclo pittorico di San Silvestro inizia nel 2016, la prima tappa riguarda il catino absidale con gli affreschi attribuiti al Maestro di Beffi e alla sua bottega (Cristo in maestà chiuso in una mandorla sorretta da sei angeli circondati dai simboli dei quattro evangelisti, Sull’arco trionfale una splendida adorazione dei magi e nella volta una Madonna con bambino)
Si sono rese necessarie operazioni di velinatura, consolidamento di profondità con malte idrauliche, inserimento di perni in vetroresina, stuccature.
Questione molto dibattuta si è avuta riguardo la rimozione del restauro del 1949, restauro effettuato da Augusto Cecconi Principe, uno dei primi restauratori che collaborò con l’ICR sotto la direzione dello storico dell’arte Ferdinando Bologna. È stata infatti riconosciuta la qualità tecnica del restauro e la filosofia di base che ha reso totalmente riconoscibile l’intervento: un antesignano dell’astrazione cromatica con la stesura di una tinta neutra ampia e sfumata. Con il restauro del 2016 si è deciso pertanto di mantenere l’intervento, restaurando solo le parti degradate. È stato ripreso l’accordo cromatico tra puntinato e fondo nel trattamento delle lacune e infine realizzata una riequilibratura dei toni.
Stazione appaltante
Segretariato Regionale MiC per l’Abruzzo
RUP
Arch. Augusto Ciciotti
Direzione dei lavori
Dott.ssa Biancamaria Colasacco
Impresa esecutrice
ATI guidata dall’Impresa Edile Gaspari Gabriele s.r.l. di Ascoli Piceno e L’Officina – Consorzio restauro e conservazione opere d’arte di Roma
Gara
Contratto d’Appalto
Data inizio lavori e fine lavori
6 luglio 2016 – 3 luglio 2019 (riconsegna post-restauro)